Canoe Slalom Mental Coach
Skopjie 1975
Che Olimpiade quella di Tokyo ?
Dopo aver vissuto questa ennesima esperienza mi sono reso conto che molto spesso il mio obiettivo è stato capire osservando, ascoltando e percependo quello che accadeva attorno a me. Certo, il mio compito, come coach, è stato soprattutto di valutare obiettivamente la posizione delle porte in funzione del tipo di acqua prima durante e dopo il loro passaggio per offrire suggerimenti adeguati quando ce ne fosse stata la necessità. Inoltre valutare tutto quello che considera l’atteggiamento mentale come parte fondamentale della prestazione. Ho osservato la dedizione e l’impegno dei tecnici nei confronti di loro atleti alla prima esperienza olimpica e non solo, il diverso modo di prepararli proponendo percorsi tecnici e suggerimenti adeguati al fine di migliorare le loro prestazioni; in alcuni casi sempre più verso una realizzazione “precisa delle loro linee, dei loro gesti tecnici, di quelle sfumature ideali per poter raggiungere quasi la perfezione”, in altri invece riprendendo immagini video per poi darle in visione al termine della discesa con i relativi commenti necessari. Un mondo diverso fatto di abitudini, riti, credenze come si poteva osservare durante il loro riscaldamento in acqua e fuori; ripetizioni in velocità, lavoro lento e lungo, le varie manovre di riscaldamento e quanto si riteneva importante fare prima di scendere nel percorso. Al seguito degli atleti, tecnici ex atleti di livello o solo ex atleti, poi fra di loro, dai più giovani a quelli più avanti con gli anni, alcuni genitori come il padre di Kauser, della Us, di Smolen, di Prskavec e Rohan e la madre della Fox. Fra gli atleti si è evidenziata la loro capacità tecnica, in altri maggiormente la forza, altri ancora hanno mostrato calma, sicurezza e precisione, altri dinamicità e reattività ovunque. Uno spaccato rappresentativo dell’umanità che potenzialmente potrebbe raggiungere qualsiasi obiettivo e che a volte, nonostante tutto non riesce a realizzare. Da tempo, ed anche durante e dopo queste gare olimpiche, mi sono chiesto “come mai”?. Per saperne di più, quando ho potuto, ho parlato con gli atleti per capire quali fossero state le loro spiegazioni in merito, ascoltando i reali motivi e le loro valutazioni personali e non solo le scuse come spesso accade. In merito, sull’argomento ho avuto anche l’opportunità di scambiare considerazioni con allenatori come Martikan ed altri più giovani, facendo riflessioni e a volte offrendo suggerimenti su aspetti tecnici e personali. Inoltre fra le persone con le quali ho scambiato idee ed opinioni ci sono anche due atleti con i quali da tempo esiste un feeling sul modo di interpretare la gara; Grigar e Sideris che, fra l’altro, hanno poi ottenuto una medaglia d’argento nel kayak maschile ed una di bronzo nella canadese maschile. Interessanti spunti per continuare ad osservare e ad ascoltare, lo scopo è quello di conoscere, crescere ed ingrandire la propria “mappa del mondo”; avrei voluto poterlo fare anche con altri ma la comunicazione durante il periodo olimpico non è stata semplice, per questo mi prometto di farlo nelle prossime occasioni.
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