Prijon Anton

Ricordo dell’amico Anton Prijon (Toni)

Questa fotografia(1) scattata l’8 settembre del 1957 riprende Anton Prijon, canoista Jugoslavo, che taglia il traguardo nella gara di discesa con partenza da Montestrutto ed arrivo ad Ivrea sul lungo Dora. I giornali locali riportarono che il forte canoista, era un portacolori dello Sport Club Merano e questo può sembrare strano in quanto Prijon era Jugoslavo; come mai gareggiava per quel club? La storia sportiva di uno dei personaggi più espressivi della canoa ebbe inizio dopo la guerra con la definizione dei confini sul fiume Isonzo e Solcano, il suo paese di origine, passò come altre terre già italiane alla Jugoslavia al tempo sotto il regime di Tito. Era nato cittadino italiano, nella splendida cornice della valle dell'Isonzo, nei pressi di Gorizia nel 1929. Nella vallata, ricca della indispensabile materia prima, erano numerose le falegnamerie, come quella di suo padre, dal quale iniziò ad apprendere i segreti della lavorazione del legno dedicandosi anche alla costruzione di imbarcazioni. Nel 1945, con l'arrivo degli americani, assieme ad un gruppetto di amici partecipò alla costituzione di un piccolo club di kayak a Salcano, oggi Solkan, nelle vicinanze della Nuova Gorizia oggi Nova Gorica, divenendo segretario ed atleta del sodalizio col quale sviluppò le sue prime esperienze sul fiume con importanti risultati. La definizione dei nuovi confini, nel 1947, aveva creato una nuova condizione per gli abitanti, che anche se di etnia slovena erano nati italiani: il primo obbligo fu il servizio militare nella lontana Serbia. Servizio da lui male accettato anche perché pur considerando positivamente l'ideale socialista, nella dittatura imposta dal nuovo stato comunista fondato da Tito non sopportava le angherie ed i soprusi a cui era soggetto, per cui un bel giorno fu processato e condannato per insubordinazione a tre anni di prigione scontata in un duro campo di concentramento. Alla liberazione, scappò in Italia e per qualche tempo fu rifugiato politico a Udine, in seguito si trasferì a Napoli dove cercò di imbarcarsi per l’America senza riuscirci. In Italia ebbe l’occasione di frequentare l'unico ambiente che in quel periodo praticava con rigoroso impegno l'agonismo fluviale. Lo Sport Club Merano e l’occasione di un lavoro offertogli da amici canoisti meranesi, i fratelli Gerstgrasser, lo impegnarono per circa un anno nel loro laboratorio di falegnameria continuando ad allenarsi e a gareggiare anche per loro. Nel periodo passato a Merano aiutò i Gerstgrasser a realizzare delle maschere in legno per costruire la loro pagaia, la Passer Paddel, con l’esperienza maturata nella costruzione delle pagaie e delle canoe smontabili nel suo laboratorio a Solkan. Grazie alle prime competizioni cui aveva partecipato con il club meranese, aveva conosciuto dei canoisti tedeschi che ne facilitarono il trasferimento a Rosenheim nel 1957, dove trovò lavoro alla Klepper, l’ azienda leader delle canoe smontabili. Successivamente creò una propria azienda, sussidiaria alla Klepper, per la quale forniva le componenti delle intelaiature in legno delle "Faltboot", le canoe smontabili. Continuò il suo lavoro di falegname proseguendo gli allenamenti e vincendo già l’anno successivo, nel 1958, il Campionato Tedesco di Discesa per il club di Rosenheim con Kayak e pagaia da lui costruiti. Nel 1959 a Treignac in Francia vinse il Campionato Mondiale di discesa libera per la Germania, perché nel frattempo aveva ottenuto la cittadinanza tedesca. Trentenne ed in ottima condizione, lavorava e gareggiava, ma non poté partecipare all'edizione successiva dei Mondiali che si svolsero nel 1961 a Hainsberg nella Germania Est, perché la sua condizione di rifugiato politico non lo permetteva. Nel frattempo la sua attività andava incrementandosi, grazie anche alla partecipazione alle competizioni, in cui era protagonista sia come atleta che come promotore commerciale dei propri kayak: nel 1962 realizzò il primo scafo in vetroresina, che rapidamente incontrò l'apprezzamento del mercato.

Le prime imbarcazioni in vetroresina

Fu lo svizzero Zimmerman a gareggiare con le prime barche in vetroresina e a lui fece seguito il tedesco Baschin già costruttore di canoe in vetroresina per la velocità che decise di costruirne anche da discesa e slalom avvalendosi della collaborazione dell’amico canoista Yugoslavo di Prijon, Bone Pavel. Nel 1962, assieme alla moglie Lotte anche Anton Prijon inaugurò un nuovo laboratorio per la costruzione delle canoe in vetroresina. Costruì kayak per campioni del mondo e per campioni olimpici, per esplorazioni e per attività "estrema". Il modello Phantom per la discesa era una vera rivoluzione, la larghezza massima venne spostata nella parte posteriore e non più al centro della come aveva già fatto in un proprio modello Bone Pavel ma che non si era dimostrato vincente. Continuò contemporaneamente la costruzione delle pagaie per la discesa e lo slalom che erano molto apprezzate e ricercate. La costruzione era in legno di salice e all’interno del manico una striscia in legno di frassino per dare maggiore flessibilità e resistenza, in testa alla pala un bordino paracolpi in alluminio piegato e rivettato. Il progetto e lo sviluppo delle imbarcazioni erano curate direttamente da lui, valorizzava le proprie esperienze, ma apprezzava anche le osservazioni propositive dei protagonisti delle competizioni. E tra i protagonisti successivamente si inserirono con successo anche i suoi figli, che furono ai vertici delle classifiche tedesche ed internazionali. Grazie alle conoscenze con i nostri anziani del club lo incontrammo in alcune gare italiane come quella di Merano. Ricordo il commento che ci fece sulle nuove barche in vetroresina: “è vero, puoi toccare le pietre e le canoe non si rompono però ricordate che l’acqua corre più veloce attorno alle pietre e non sopra!”. Devo dire che aveva una certa simpatia nei miei confronti, forse perché ero giovane, ma sta di fatto che in quegli anni mi regalava una canoa da slalom ed una da discesa…e me la faceva anche recapitare in Italia, cosa quasi impossibile da ottenere ai giorni nostri. Qualsiasi cosa avessi avuto di bisogno era sempre molto disponibile; infatti nei Mondiali di Discesa libera a Spindleruv Mlyn del 1967 in Cecoslovacchia, per la mia gara di discesa ricevetti la barca di prova del campione tedesco Zentkraft che era l’ultimo modello di Phantom più performante del modello precedente. In seguito mi concesse la licenza per costruire lo stesso modello in Italia. Nel 1997 mi chiese se volevo fare il responsabile della sua scuola di canoa che intendeva aprire nella sua valle dell'Isonzo a Bovec in Slovenia,purtroppo al tempo lavoravo con la squadra spagnola di slalom e l’incarico fu dato a Norbert Sattler. Lo ricordo sempre sorridente e positivo, una persona altruista, un bell’esempio di che cosa lo sport può veramente aiutare a costruire nelle persone. All’età di 87 anni ci ha lasciati proprio alla fine del 2016.

Roberto D’Angelo

Prijon ad Ivrea (1)Toni Prijon all'arrivo della gara di discesa libera sul Lungo Dora ad Ivrea.

Prijon si prepara a gareggiare Prime gare in Germania dopo aver ricevuto la cittadinanza Tedesca.
In partenza per la gara Prijon Toni alla partenza di una gara di discesa libera. La canoa è di quelle smontabili probabilmente da lui costruita come pure la pagaia con le pale disposte a 90° realizzata in un pezzo unico e non più smontabile come la maggior parte di quelle in commercio. Bordini in alluminio paracolpi al fondo delle pale, poi abbigliamento molto essenziale con maglietta in cotone, assenza di salvagente e per riparare il capo, in caso di eskimo, un casco in pelle imbottita che all’epoca veniva usato dai ciclisti.

Toni Prijon Nel 1959 vince il titolo Mondiale di discesa libera a Treignac in Francia.

Toni Prijon Werkstatt Nel suo laboratorio di Rosenhaim prepara lo stampo in gesso dell'Olimpia 400.

1970 toni training Prijon fra gli atleti della squadra francese che gareggiavano con sue canoe modello Phantom all'arrivo delle gare di Spittal in Austria. 276 Bataille Francoise, 277 Archambault Jean Pierre, 278 Magdinier Michel.