Paraspruzzi e giacca da acqua uniti

La prima esperienza del genere venne sperimentata, nel 1964, nella maratona di 40 km, sul fiume Taro in provincia di Parma. La canoa da discesa libera utilizzata era della ditta Baschin tedesca e disegnata dal campione sloveno Bone Pavel. Questa canoa aveva la larghezza regolamentare al centro dell’imbarcazione e la zona anteriore e posteriore erano molto affusolate creando un modello veloce ma instabile. Su nostro suggerimento, la moglie del mio allenatore del tempo, Franco Zucca realizzò una giacca di colore verde scuro di tessuto plasticato con alla base la forma e le dimensioni dell’abitacolo nel quale veniva inserito l’elastico per agganciarsi all’abitacolo stesso. Si formava così una giacca da acqua e paraspruzzi in unico pezzo per la prima volta. Non fu una soluzione ideale, perché essendo abbondante per permettere la torsione durante la pagaiata, ad ogni grossa onda il pozzetto si riempiva di acqua e dovevo sollevare le ginocchia per farla uscire. Nell’immagine sono in primo piano e si nota l’abbondante indumento. Nella stessa immagine, il primo canoista a destra ha il nuovissimo modello, sempre della Baschin, denominato “goccia” dove la coda della canoa era arrotondata a forma di goccia con la larghezza massima in quella zona. Non ebbe seguito anche se fu il primo tentativo di portare il massimo della larghezza nella parte posteriore ed avere così maggior libertà, nella parte anteriore, per pagaiare.

 

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Abbandonammo quell’idea sino a quando conobbi alcuni canoisti di Genova ed uno dei quali, Bozano, era il fratello di uno dei titolari della ditta di materiale in neoprene, maschere per attività subacquea etc..che si chiamava Cressi Sub; oggi quella stessa ditta è una multinazionale dal nome CRESSI. Copiando quello che già esisteva al tempo in giro per l’Europa vennero così costruiti, già nel 1976, i primi paraspruzzi in neoprene in Italia. Fu un grande cambiamento se si pensa a quelli di tela che adoperavamo e che ci facevamo cucire dai tappezzieri locali. Purtroppo le cuciture non erano stagne e così venivano impregnate con della colla Bostic affinché l’acqua non filtrasse. Poi nelle canoe da discesa libera avevamo ideato due strisce di tessuto plastico che si accavallavano sulla parte anteriore del pozzetto e fissate con del nastro sulla coperta in modo che l’acqua scivolasse sopra l’abitacolo senza trovare resistenza e così si evitava che si infiltrasse in canoa. Ricordo che con il tempo arrivò dal Giappone del neoprene da tre millimetri molto delicato con il quale vennero realizzati paraspruzzi morbidi, leggeri e molto delicati, utilizzati poi solo da chi faceva agonismo. Non passò molto tempo che ritornammo ad immaginare una giacca da acqua con paraspruzzi collegato e fu proprio uno dei Bozano che ne produsse i primi prototipi. Questi, realizzati in tessuto elastico plastificato, vennero commercializzati in Italia ed anche usati dalle squadre nazionali Italiane e che in quelle circostanze, furono aggiunte anche le scritte “ITALIA” sulle braccia come si nota nell’immagine seguente.

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La fotografia mi riprende durante un collegiale sul fiume Enza nel 1984 dove indosso questa giacca- paraspruzzi in tessuto elasticizzato, molto simile a quella che al giorno d’oggi indossano tutti i canoisti. Anche la pagaia che si nota nella fotografia era frutto del profilo copiato dalle pale dei canoisti della Germania dell’EST, la DDR, poi costruite in Italia dal famoso Azzali di Cremona. La canoa è il modello Olimpia 400 di Prijon realizzato per le Olimpiadi di Augsburg del 1972.