Le nostre convinzioni guidano i nostri comportamenti
La fotografia mi riprende sul canale di Ivrea mentre collaboro con un atleta polacco alla ricerca di problematiche personali e tecniche per aiutarlo ad iniziare una stagione che lo porti a maggior consapevolezza per nuovi cambiamenti e soddisfazioni. Ognuno di noi crede in quello che fa e spesso non si rende conto del come mai lo fa. Queste sono convinzioni che guidano i nostri comportamenti per poter risolvere situazioni in acqua o nella vita. Nel momento dell’errore spesso l’atleta o la persona in oggetto spiega o giustifica quello che è successo senza chiedersi il reale motivo per il quale questo sia accaduto. Il lavoro di mental coach mi porta ad osservare ogni persona ed ogni suo movimento sotto il loro profilo personale per aiutarle a scoprire come la loro espressione tecnica dipenda anche dal modo di pensare e sul quale spesso bisogna agire. Questo è quello che oggi ho potuto nuovamente sperimentare osservando il cambiamento avvenuto durante una sola seduta di allenamento e lavorando sulle convinzioni personali. Anche ognuno di noi sovente ha la convinzione di conoscere tutto quello che è tecnico e quindi perfezionando i gesti, le linee, gli equilibri, i ritmi e così via crede di poter aiutare i propri atleti a raggiungere l’obiettivo più importante; vincere! Solo quando inizieremo, noi per primi, a riflettere che sarà la loro crescita personale che ci gratificherà e non solo la loro vittoria, allora avremo aiutato l’atleta ad essere più consapevole di se stesso e noi ad essere più maturi e responsabili nel nostro ruolo. Nella vita non ottieni quello che vuoi ma ottieni quello che sei!l .
Paraspruzzi e giacca da acqua uniti
La prima esperienza del genere venne sperimentata, nel 1964, nella maratona di 40 km, sul fiume Taro in provincia di Parma. La canoa da discesa libera utilizzata era della ditta Baschin tedesca e disegnata dal campione sloveno Bone Pavel. Questa canoa aveva la larghezza regolamentare al centro dell’imbarcazione e la zona anteriore e posteriore erano molto affusolate creando un modello veloce ma instabile. Su nostro suggerimento, la moglie del mio allenatore del tempo, Franco Zucca realizzò una giacca di colore verde scuro di tessuto plasticato con alla base la forma e le dimensioni dell’abitacolo nel quale veniva inserito l’elastico per agganciarsi all’abitacolo stesso. Si formava così una giacca da acqua e paraspruzzi in unico pezzo per la prima volta. Non fu una soluzione ideale, perché essendo abbondante per permettere la torsione durante la pagaiata, ad ogni grossa onda il pozzetto si riempiva di acqua e dovevo sollevare le ginocchia per farla uscire. Nell’immagine sono in primo piano e si nota l’abbondante indumento. Nella stessa immagine, il primo canoista a destra ha il nuovissimo modello, sempre della Baschin, denominato “goccia” dove la coda della canoa era arrotondata a forma di goccia con la larghezza massima in quella zona. Non ebbe seguito anche se fu il primo tentativo di portare il massimo della larghezza nella parte posteriore ed avere così maggior libertà, nella parte anteriore, per pagaiare.
Abbandonammo quell’idea sino a quando conobbi alcuni canoisti di Genova ed uno dei quali, Bozano, era il fratello di uno dei titolari della ditta di materiale in neoprene, maschere per attività subacquea etc..che si chiamava Cressi Sub; oggi quella stessa ditta è una multinazionale dal nome CRESSI. Copiando quello che già esisteva al tempo in giro per l’Europa vennero così costruiti, già nel 1976, i primi paraspruzzi in neoprene in Italia. Fu un grande cambiamento se si pensa a quelli di tela che adoperavamo e che ci facevamo cucire dai tappezzieri locali. Purtroppo le cuciture non erano stagne e così venivano impregnate con della colla Bostic affinché l’acqua non filtrasse. Poi nelle canoe da discesa libera avevamo ideato due strisce di tessuto plastico che si accavallavano sulla parte anteriore del pozzetto e fissate con del nastro sulla coperta in modo che l’acqua scivolasse sopra l’abitacolo senza trovare resistenza e così si evitava che si infiltrasse in canoa. Ricordo che con il tempo arrivò dal Giappone del neoprene da tre millimetri molto delicato con il quale vennero realizzati paraspruzzi morbidi, leggeri e molto delicati, utilizzati poi solo da chi faceva agonismo. Non passò molto tempo che ritornammo ad immaginare una giacca da acqua con paraspruzzi collegato e fu proprio uno dei Bozano che ne produsse i primi prototipi. Questi, realizzati in tessuto elastico plastificato, vennero commercializzati in Italia ed anche usati dalle squadre nazionali Italiane e che in quelle circostanze, furono aggiunte anche le scritte “ITALIA” sulle braccia come si nota nell’immagine seguente.
La fotografia mi riprende durante un collegiale sul fiume Enza nel 1984 dove indosso questa giacca- paraspruzzi in tessuto elasticizzato, molto simile a quella che al giorno d’oggi indossano tutti i canoisti. Anche la pagaia che si nota nella fotografia era frutto del profilo copiato dalle pale dei canoisti della Germania dell’EST, la DDR, poi costruite in Italia dal famoso Azzali di Cremona. La canoa è il modello Olimpia 400 di Prijon realizzato per le Olimpiadi di Augsburg del 1972.
21 giugno 2020.... 75 anni
Anche questo traguardo è una vittoria, non ho la medaglia al collo come quando vincevo le gare, ma è il premio del percorso che ho fatto per poter crescere. Quello che ho capito negli anni è stato lottare e ricercare il limite, in gara e nella vita, perché solo così, in situazioni di non-confort, ho potuto migliorare. Oggi dopo quasi un anno senza salire su una canoa da slalom, ho voluto sperimentare tutto quello che ultimamente ho appreso sul mentalcoaching. Il mio obiettivo era sapere quello che dovevo fare evitando, come spesso accade, di spostare l'attenzione su quanto di negativo poteva accadere se mi fossi rovesciato, se avessi ritardato quel colpo di pagaia, se avessi rotto la canoa, oppure se avessi sbagliato il salto. Ho così affrontato la discesa del fiume e poi le rapide applicando tutto quello che conoscevo e potevo fare arrivando al fondo consapevole, sereno e soddisfatto nel giorno del mio compleanno. Per questo motivo ringrazio tutti quelli che nella vita mi hanno capito e mi hanno voluto bene e naturalmente anche tutti coloro che non me ne hanno voluto, perché le loro critiche, le difficoltà che mi hanno creato sono stati da stimolo per ricercare nuove soluzioni per crescere, vivere più sereno e capace di aiutare tutti coloro che hanno necessità o il desiderio di cambiare il loro modo di pensare. Per questo: come cambia quello che pensi, cambia come ti senti e quindi cambia quello che puoi fare!!!
I Campionati Europei 2019 delle categorie Junior e U 23 di Liptovsky Mikulas mi hanno dato la possibilità di conoscere la storia del suo canale artificiale realizzato da Ondrej Cibak e grazie alla disponibilità del figlio Ivan Cibak, Presidente della Federazione Slovacca e presidente del Club di Liptovsky, ho potuto accedere all'archivio del Club recuperando bellissime immagini d'epoca della sua costruzione. L'articolo completo è nella pagina Storico sotto la dicitura Personaggi
Nuovi video dei Campionati Mondiali di Merano del 1971, della discesa del fiume Enza del 1970 ed un filmato dei giochi Olimpici del 1972. Inoltre alcune immagini storiche dei Mondiali di Tacen del 1955 ricevute dagli amici Sloveni.
Il test delle 2 porte
Questo test che oramai viene utilizzato da tempo vede la sua nascita nel 1986-87 quando ci si rese conto della necessità di valutare in un modo meno empirico la preparazione dei nostri slalomisti che, nonostante tutto, avevano in quegli anni già avuto discreti risultati ai mondiali di Augsburg del 1985; "4° posto nella Canadese monoposto e 5° nel kayak maschile" tenendo in considerazione le condizioni economiche e di conoscenza specifica che avevamo in quegli anni.
Roberto D'Angelo
"ecco la mia mission; come posso aiutare le persone che ho intorno trasmettendo la mia esperienza e continuando a migliorare per il bene di tutti."
Nato a Bollengo (TO) il 21 giugno del 1945, ha vissuto da sempre ad Ivrea dove la vicinanza al fiume è stato il luogo che ha stimolato la sua fantasia e il desiderio di viaggiare seguendo la corrente con quell'attrezzo che alcuni canoisti al tempo sperimentavano sulle acque della Dora Baltea. Da quegli inizi all'attività agonistica il passo è stato breve determinando parte dell'esistenza vissuta sino ad oggi. Nuove idee e la sperimentazione continua hanno sviluppato negli anni atteggiamenti di ricerca e non solo dedicando parte del suo tempo all'insegnamento nella vita e nello sport.